Il processo analogico
Dopo decenni dall’arrivo dei sensori digitali, la fotografia analogica è ancora qui con noi, non solo grazie al fascino artigianale dei suoi processi, ma anche alle sue caratteristiche uniche. La stampa ai sali d’argento in camera oscura resta un’arte, complessa e creativa come la fotografia stessa, e le stampe che ne risultano hanno tonalità e texture irraggiungibili dalla stampa digitale. Anche la durata del prodotto è superiore, ben oltre i 100 anni.
Le immagini vengono scattate su pellicola, che viene sviluppata attraverso un procedimento chimico che coinvolge tre bagni in sostanze chimiche diverse: sviluppo, stop e fissaggio.
Nella camera oscura, il negativo viene proiettato otticamente su carta fotografica.
Attraverso un mix di luci di diversi colori viene modificato il contrasto dell’immagine, mentre lavorazioni più precise vengono fatte manipolando la luce con bruciature (burn) e mascherature (dodge).
La carta fotografica esposta viene quindi trattata con un ulteriore processo chimico che rivela l’immagine ed elimina il materiale fotosensibile rimasto.
Le stampe vengono poi lavate e trattate con un bagno al selenio, che modifica la tonalità dell’immagine e la rende più resistente al tempo.
Ultimi passaggi: le fotografie vengono lavate per un’ora in acqua corrente, per rimuovere ogni residuo chimico, e lasciate ad asciugare naturalmente all’aria per due giorni.
Infine, le stampe sono controllate per imperfezioni, rifinite con un pennello sottile, pressate per essere appiattite e infine numerate.